TRIBUNALE DI RAVENNA 
 
    Il Giudice del lavoro a scioglimento della riserva che precede; 
    letti gli atti ed esaminati i documenti della causa; 
 
                          Premesso in fatto 
 
    con ricorso depositato 1'1.3.2013  Rosalba  Bevoni  adiva  questo
giudice del lavoro contro l'INPS  chiedendo  che  -  ai  sensi  della
giurisprudenza della Corte costituzionale  sull'art.  3  della  legge
297/1982 - venisse accertato il proprio diritto alla neutralizzazione
dei  periodi  di  contribuzione  ridotta,  riferita  agli  anni   dal
3.12.1996 al 19.6.2010, comprendente sia la contribuzione  figurativa
per disoccupazione e per integrazione salariale sia quella  effettiva
da lavoro dipendente, non esclusa dalla  liquidazione  della  propria
pensione effettuata dall'INPS  e,  conseguentemente,  che  l'I.N.P.S.
venisse condannato al ricalcolo della pensione di vecchiaia  cat.  VO
n. 10051312 dalla data di decorrenza della pensione (01.12.2010) ed a
corrispondere  le  differenze  fra  i  ratei  della  pensione   cosi'
riliquidata e quelli effettivamente corrisposti dal 01.12.2010, oltre
alla  maggior  somma  fra  rivalutazione  e  interessi  legali  dalla
maturazione al saldo. 
    Lamenta, in sostanza, la  ricorrente  che  nel  periodo  indicato
(3.12.1996-19.6.2010) ella aveva ricevuto una retribuzione  inferiore
rispetto a quella precedente ed era  inoltre  rimasta  disoccupata  e
sospesa  in  cassa  integrazione;  e  che   se   l'INPS,   applicando
correttamente la giurisprudenza della Corte Cost. (sentenza 264/1994,
sentenza  n.  388/1995   e   successive),   avesse   proceduto   alla
neutralizzazione  sia  della  contribuzione  obbligatoria  che  della
contribuzione figurativa riferita alla disoccupazione ed  al  periodo
di cassa integrazione, ella avrebbe percepito una pensione di importo
superiore a quello erogatole. 
    Si costituiva I'I.N.P.S. con memoria  difensiva,  sostenendo  che
non fosse possibile applicare al caso della  ricorrente  la  sentenza
della  Corte  Cost.  264/1994  con  la  quale  era  stata  dichiarata
l'illegittimita' costituzionale dell'art.  3,  comma  8  della  legge
297/1982, poiche' la pronuncia riguardava soltanto  il  diritto  alla
neutralizzazione  dei  periodi  di  contribuzione  effettiva  (e  non
figurativa legati a disoccupazione o alla messa in cassa integrazione
salariale);  ed  inoltre  perche'  la  pronuncia  della  Corte  Cost.
riguardava soltanto i periodi di  contribuzione  riferiti  all'ultimo
quinquennio (260 settimane); mentre nel caso di specie il periodo  da
neutralizzare perche'  pregiudizievole  ai  fini  del  calcolo  della
pensione  dell'istante  si  collocava  anche  oltre  il   quinquennio
calcolato a ritroso dalla data di  liquidazione.  Inoltre  lo  stesso
INPS eccepiva che nel caso di  specie  non  fosse  neppure  possibile
applicare neppure la sentenza n. 388/1995 della Corte  Costituzionale
che aveva riconosciuto il diritto alla neutralizzazione (dal  calcolo
della  pensione)  del  periodo  di  contribuzione  per   integrazione
salariale e non per i periodi di disoccupazione (per i quali, secondo
lo stesso INPS, la neutralizzazione sarebbe stata  possibile  solo  a
seguito di rimessione della questione alla Corte Costituzionale e  di
esito positivo del relativo giudizio). 
 
                         Ritenuto in diritto 
 
    1. - La questione oggetto di causa riguarda una  lavoratrice  che
ha subito una riduzione  del  trattamento  pensionistico,  risultante
meno vantaggioso rispetto a quello che avrebbe percepito, qualora non
avesse avuto periodi di disoccupazione, o di integrazione salariale o
di minore retribuzione e si  fosse  proceduto  alla  neutralizzazione
degli  stessi  periodi  in  quanto  non  necessari  ai   fini   della
maturazione del diritto a pensione. 
    2. - L'INPS, secondo le difese svolte in giudizio,  riconosce  in
forza delle due citate pronunce della Corte Cost.,  il  diritto  alla
neutralizzazione per periodi di minore retribuzione e per periodi  di
integrazione salariale, compresi nel quinquennio. 
    3. - Non riconosce la neutralizzazione per periodi superiori;  ed
in nessun caso per  i  periodi  di  disoccupazione  ovunque  essi  si
collichino. 
    4. - In punto di fatto la  richiesta  di  neutralizzazione  della
ricorrente  riguarda  sia  periodi  che  si  collocano  aldila'   del
quinquennio (per contributi obbligatori o figurativi per integrazione
salariale)  sia  periodi  contributivi  per  disoccupazione  che   si
collocano nel quinquennio e che l'INPS non ritiene  di  neutralizzare
in  nessun  caso  in   quanto   mai   investiti   da   pronuncia   di
costituzionalita'. La ricorrente  chiede  che  vengano  neutralizzati
tutti i suddetti periodi, posto che in base alla Costituzione  nessun
meccanismo di computo della pensione puo' danneggiare  il  lavoratore
che abbia gia' maturato il diritto a pensione, fermo restando che gli
stessi periodi da escludere dal computo non siano  necessari  per  il
perfezionamento  dei  requisiti  di  assicurazione  e   contribuzione
richiesti per la maturazione del diritto  a  pensione  alla  data  di
compimento dell'eta' pensionabile da parte del lavoratore. 
    5. - La questione e' regolata dall'art. 3, cornuta 8 della  legge
297/1982 e viene sollevata sotto i due distinti profili in  cui  essa
rileva nella causa. 
    Anzitutto per estendere alla contribuzione per disoccupazione  lo
stesso principio applicato dalla Corte Costituzionale (sentenze cit.)
alla  contribuzione  obbligatoria  e  figurativa   per   integrazione
salariale, fermo restando il requisito contributivo per  l'accesso  a
pensione dei 35 anni di contributi versati. 
    6. - L'art. 3 comma 8 della  L.  297/1982  dispone  che  "Per  le
pensioni liquidate con decorrenza successiva al 30  giugno  1982,  la
retribuzione annua pensionabile per l'assicurazione obbligatoria  per
l'invalidita', la vecchiaia ed i superstiti dei lavoratori dipendenti
e' costituita dalla  quinta  parte  della  somma  delle  retribuzioni
percepite in costanza di  rapporto  di  lavoro,  o  corrispondenti  a
periodi   riconosciuti   figurativamente,   ovvero    ad    eventuale
contribuzione volontaria, risultante dalle ultime  260  settimane  di
contribuzione antecedenti la decorrenza della pensione". 
    Con  sentenza  n.  264  del  1994,  la  Corte  Costituzionale  ha
dichiarato la illegittimita'  costituzionale  della  suddetta  norma,
poiche' in contrasto con gli articoli 3, 36 e 38 della  Costituzione.
La Corte ha dichiarato l'illegittimita' della norma  nella  parte  in
cui  non  prevede  che  nel  caso  di  esercizio,  durante   l'ultimo
quinquennio di contribuzione, di attivita' lavorativa meno retribuita
da parte di un lavoratore che abbia  gia'  conseguito  la  prescritta
anzianita' contributiva,  la  pensione  liquidata  non  possa  essere
comunque inferiore a quella che sarebbe  spettata  al  raggiungimento
dell'eta' pensionabile, escludendo dal computo  ad  ogni  effetto,  i
periodi di minore retribuzione in quanto non necessari  ai  fini  del
requisito dell'anzianita' contributiva. 
    7.  -  Quello   che   e'   stato   chiamato   il   principio   di
neutralizzazione dei periodi contributivi (meno  favorevoli  ai  fini
del  calcolo  della  pensione)  e'   stato   ricavato   dalla   Corte
Costituzionale  anzitutto  sulla  scorta  di   una   valutazione   di
irrazionalita' della normativa formulata "in  radice  ed  in  termini
piu' generali"; ossia in forza di  una  valutazione  per  cui  mentre
rientrano  nella  discrezionalita'  legislativa  le  mutevoli  scelte
politiche  che  via  via  orientano  la  disciplina  del  periodo  di
riferimento per la  determinazione  della  retribuzione  pensionabile
(nel senso della semplificazione del sistema ovvero di  garantire  al
lavoratore una piu' favorevole base di calcolo oppure al contrario di
attenuare il disavanzo  del  sistema);  le  medesime  scelte  possono
essere pero' sindacate dalla Corte "nella misura in  cui  esse  diano
luogo a risultati palesemente  irrazionali  o  comunque  contrari  ai
principi costituzionali che regolano la materia". Percio' secondo  la
Corte Cost. "e' palesemente contrario al principio di razionalita' di
cui  all'art.  3  della  Costituzione  che  implica   l'esigenza   di
conformita' dell'ordinamento a valori  di  giustizia  e  di  equita'"
(sentenza n. 421 del 1991)  che  all'inserimento  di  un  periodo  di
contribuzione obbligatoria  nella  base  di  calcolo  della  pensione
consegua,  in  un  sistema  che  prende  in  considerazione  per   la
determinazione della retribuzione pensionabile solo l'ultimo  periodo
lavorativo (in quanto si presume piu' favorevole per il  lavoratore),
come unico effetto, un depauperamento del  trattamento  pensionistico
di vecchiaia rispetto a quello gia' ottenibile ove  in  tale  periodo
non vi fosse stata contribuzione alcuna  ed  il  periodo  stesso  non
fosse stato quindi computabile a nessun effetto (neppure, quindi,  ai
fini della determinazione dell'anzianita' contributiva):  e',  cioe',
irragionevole e ingiusto che a maggior lavoro  e  a  maggior  apporto
contributivo  corrisponda  una  riduzione  della  pensione   che   il
lavoratore avrebbe  maturato  al  momento  della  liquidazione  della
pensione per effetto della precedente contribuzione. 
    Questo  e'  invece  quanto  puo'  verificarsi,  per  effetto  del
meccanismo delineato dalla norma in esame, allorquando le ultime  260
settimane di contribuzione precedenti la  decorrenza  della  pensione
comprendano periodi di contribuzione obbligatoria (non  necessari  ai
fini  del  perfezionamento  del  requisito  della  minima  anzianita'
contributiva)  di  importo  notevolmente  inferiore  a  quello  della
contribuzione  obbligatoria  precedente.   E   tale   depauperamento,
incidendo in questo caso sulla proporzionalita'  tra  il  trattamento
pensionistico e la  quantita'  e  la  qualita'  del  lavoro  prestato
durante il servizio attivo, viola anche l'articolo 36, oltre  che  il
principio di adeguatezza di cui all'art.  38,  secondo  comma,  della
Costituzione". 
    7. - Lo  stesso  principio  di  neutralizzazione  e'  stato  pure
riferito dalla Corte (con le sentenze n. 307 del 1989 e 428 del 1992)
alla  prosecuzione  volontaria  dei   contributi   nell'assicurazione
obbligatoria; ed anche in quel caso era stato  giudicato  irrazionale
che l'importo della pensione di vecchiaia venisse determinato in  una
misura inferiore a quella che sarebbe spettata ove  la  contribuzione
volontaria non ci fosse stata. 
    8. - Analogo principio la Corte Cost. ha  affermato  riconoscendo
(sentenza   388/1995)   la   neutralizzazione   della   contribuzione
figurativa corrispondente ai periodi di integrazione  salariale;  che
andrebbe ora estesa anche  a  quelli  corrispondenti  ai  periodi  di
indennita'  di  disoccupazione  o  di  mobilita',  che  con  i  primi
condividono la stessa sostanza di ammortizzatori sociali. 
    Nella sentenza sopra citata la Corte Cost. ribadiva che "riguardo
alle modalita'  di  liquidazione  delle  pensioni  previdenziali,  va
ancora una volta precisato e sottolineato che la discrezionalita' del
legislatore  nella  scelta,  ad  esso  riservata,  del  criterio   di
individuazione  del  periodo  di   riferimento   della   retribuzione
pensionabile, incontra un limite intrinseco  nella  esigenza  fondata
sui valori di giustizia e di equita' connaturati a  principi  sanciti
dagli arti. 3 e 38 cost. che nella fase successiva al perfezionamento
del  requisito   minimo   contributivo,   l'ulteriore   contribuzione
(qualunque ne sia la natura: obbligatoria, volontaria  o  figurativa)
sia destinata unicamente ad incrementare il livello di pensione  gia'
consolidatosi,  senza  mai  poter  produrre  l'effetto   opposto   di
compromettere la misura della prestazione potenzialmente maturata 'in
itinere'. In forza di tali principi, - ricorrente nel caso di  specie
- del  lavoratore  dipendente  prepensionato  perche'  sottoposto  ad
integrazione salariale, il quale abbia  conseguito,  in  costanza  di
rapporto  di  lavoro,  la  prescritta   anzianita'   assicurativa   e
contributiva obbligatoria, non puo' ritenersi consentito che, dovendo
assumersi a base della liquidazione la contribuzione figurativa,  per
effetto dell'impugnato art. 3, ottavo comma, legge 29 maggio 1982, n.
297, - che determina  il  periodo  di  retribuzione  pensionabile  in
coincidenza con le ultime 260 settimane contributive  a  causa  della
flessione della retribuzione verificatasi nel caso in tale periodo  e
oltretutto in nessun modo ascrivibile  ad  una  autonomia  di  scelta
dell'interessato,  si  abbia  un   depauperamento   della   pensione.
Pertanto, in base alla stessa 'ratio decidendi'  per  cui  il  citato
art. 3, ottavo comma, e' stato dichiarato illegittimo (sent. nn.  307
del 1989, 428 del 1992 e 264 del 1994) - in  giudizi  attinenti  alla
prosecuzione  del   rapporto   assicurativo,   rispettivamente,   con
contribuzione volontaria od obbligatoria, ai fini della  pensione  di
vecchiaia o di anzianita' - nella parte in cui non prevedeva  che  la
pensione da liquidarsi al lavoratore venuto a trovarsi nella suddetta
situazione, non potesse comunque essere inferiore a  quella  che  gli
sarebbe spettata sulla base delle contribuzioni  gia'  effettuate  al
raggiungimento dell'eta' pensionabile, la disposizione censurata deve
essere dichiarata illegittima, per violazione  degli  artt.  3  e  38
Cost., anche  nella  parte  in  cui,  in  relazione  all'ipotesi  del
lavoratore  sottoposto   ad   integrazione   salariale,   omette   di
salvaguardare la posizione da lui gia'  acquisita  al  raggiungimento
della soglia minima di pensionabilita'.  Con  la  avvertenza  che  il
riconoscimento - che ne consegue - della facolta' del  lavoratore  di
optare per il periodo di contribuzione piu' favorevole, non  potrebbe
comunque sommarsi ad altri eventuali vantaggi". 
    9. - Risulta cosi' chiaramente. che  in  base  alla  Costituzione
nessun meccanismo di computo della pensione puo' mai  danneggiare  il
lavoratore che  continui  a  lavorare  ovvero  venga  figurativamente
considerato come al lavoro, dopo aver maturato un  certo  importo  di
pensione, fermo restando che gli  stessi  periodi  da  escludere  dal
computo non siano necessari per il perfezionamento dei  requisiti  di
assicurazione  e  contribuzione  richiesti  per  la  maturazione  del
diritto a pensione alla data di compimento dell'eta' pensionabile  da
parte del lavoratore.  Come  gia'  osservato  dalla  Corte  Cost.  la
pensione liquidata "non puo' essere comunque inferiore a  quella  che
sarebbe spettata al raggiungimento dell'eta' pensionabile  escludendo
ad ogni effetto dal computo i  periodi  di  minore  retribuzione,  in
quanto non necessari ai fini del requisito di anzianita' contributiva
minima e calcolando invece la precedente  contribuzione  obbligatoria
ed il connesso piu' ristretto arco temporale lavorativo". 
    In altri termini la neutralizzazione e'  possibile,  ed  in  tali
limiti viene qui sollecitata dalla  Corte  Cost.  adita  la  relativa
pronuncia, all'unica condizione che il lavoratore maturi  il  diritto
alla prestazione senza il periodo oggetto di neutralizzazione che gli
arreca danno. Nel caso di specie tutto  cio'  non  e'  contestato,  e
comunque potra' essere oggetto di calcolo in sede di applicazione una
volta che la Corte Cost, abbia riconosciuto  a  chiunque  il  diritto
alla  neutralizzazione  dei  periodi  di  contribuzione   anche   per
disoccupazione;  ed  in  ogni  caso  contribuzione  anche  oltre   il
quinquennio, per tutti i periodi contributivi che non siano utili  al
fine del conseguimento del diritto a pensione.